Giornata Internazionale della Tolleranza zero alle Mutilazioni Genitali Femminili: i progressi si vedono ma c’è ancora molto lavoro da fare.
Il 6 febbraio è la data in cui nel 2003 la First Lady nigeriana Stella Obasanjo a nome di tutte le First Ladies d’Africa esortò gli stati ad aderire ad una politica di tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili durante una riunione del Comitato Inter-Africano sulle pratiche tradizionali che colpiscono la salute di donne e bambini.
La Sotto-Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, decise allora di adottare quella data come la Giornata Internazionale della Tolleranza Zero alle Mutilazioni Genitali Femminili, o come spesso viene chiamata, Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili.
Le mutilazioni genitali femminili (MGF), sono pratiche tradizionali che, contrariamente a quanto si crede, non hanno nulla a che fare con la religione Islamica e che vengono eseguite con diverse incidenze, in 28 Paesi africani, nello Yemen ed in altre realtà come il Kurdistan iracheno, l’Indonesia, l’Arabia Saudita, la Malesia, in cui però mancano ancora delle indagini statistiche attendibili a riguardo.

mutilazioni genitali-femminili
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel termine “mutilazioni genitali femminili (MGF) “ rientrano tutte le procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altra lesione ai genitali femminili dovuta a ragioni non mediche” come la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione.
Queste pratiche sono dannose e traumatiche e comportano gravi conseguenze, nell’immediato e sul lungo periodo, sulla salute ed il benessere di donne e bambine; rendono problematico il parto, favoriscono l’insorgere di patologie come la fistola e privano la donna del piacere sessuale.
Sono oltre 100 milioni nel mondo le donne e le ragazze che hanno subito la pratica delle mutilazioni dei genitali femminili (MGF) e sono circa 3 milioni ogni anno quelle a rischio, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
I tassi più alti di diffusione del fenomeno si toccano in Somalia, Guinea, Gibuti ed Egitto (dove si verifica un quinto dei casi globali), paesi nei quali si stima che oltre il 90% delle bambine e delle donne abbiano subito tale pratica.
Messa al Bando delle Mutilazioni Genitali Femminili
L’ Europa non è certo immune da questa problematica, infatti il Parlamento europeo stima che siano circa 500 mila le donne e le ragazze che convivono con le mutilazioni dei genitali femminili sul nostro territorio e solo in Italia le stime più recenti parlano di circa 39.000 donne/ragazze che ne hanno subito una qualche forma.
Nel dicembre 2012 l’Assemblea generale delle NU ha adottato la Risoluzione 67/146 di messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili (MGF).
La Risoluzione, depositata dal gruppo dei Paesi africani ed in seguito sponsorizzata da due terzi degli stati membri, esorta a sanzionare penalmente le mutilazioni genitali femminili, definite “un abuso irreparabile e irreversibile”, siano essere praticate all’interno di strutture sanitarie o altrove.
Ma le legislazioni non bastano e come dice Giacomo Guerrera, Presidente dell’UNICEF Italia, “occorre che tutti gli attori – governi, organizzazioni non governative e comunità – promuovano un cambiamento sociale positivo attraverso programmi e politiche mirate all’eliminazione delle mutilazioni” .
L‘istruzione, in primo luogo, può giocare un ruolo fondamentale per favorire il cambiamento culturale in tema di MGF: più elevato è il grado di istruzione materno, minori sono le probabilità che le figlie subiscano mutilazioni ed escissioni. Inoltre, più a lungo le ragazze frequentano la scuola, più facilmente possono confrontarsi con soggetti che rifiutano tale pratica.
Grazie a questo infatti in alcuni paesi come il Kenya e la Tanzania, oggi le bambine hanno meno probabilità di subire questa pratica rispetto alle loro madri ed il tasso di prevalenza del fenomeno è stato quasi dimezzato tra le adolescenti di Benin, Repubblica Centrafricana, Iraq, Liberia e Nigeria.
Questi sono dati sicuramente positivi ma purtroppo il controllo su queste pratiche è ancora troppo basso, persino in Europa dove legalmente la pratica è proibita ovunque.
L’allarme parte proprio da uno dei paesi più all’avanguardia sulle politiche di genere, in Svezia infatti, nonostante i controlli sui viaggi estivi nei paesi d’origine almeno una sessantina di bambine, al rientro a scuola, sono state trovate vittime di infibulazione.
Il problema vale per tutti i paesi dell’Unione Europea, Italia compresa, in cui sono a rischio 93.000 donne e fra loro più di 7.700 bambine, la maggior parte delle quali è costretta a subire la pratica prima ancora del compimento del decimo anni di età.
Il desiderio di potere e controllo sulla donna e sulla sua sessualità, combinato con l’ignoranza e con l’uso distorto e strumentale della religione fanno di questa pratica una delle manifestazioni più crude dell’odio contro la donne, il loro corpo e la loro autonomia.
La lotta a questo tipo di pratiche, come stabilito da numerosi documenti internazionali, deve essere portata avanti da tutti i governi in modo deciso e universale almeno fino a quando le donne, maggiorenni s’intende, non saranno davvero libere di scegliere se volersi sottoporre a tale pratica o meno.
Ad oggi purtroppo, visto che lo stigma sociale legato a chi rifiuta questa pratica è ancora molto forte ed ha come conseguenza, nel migliore dei casi, l’emarginazione, l’idea che si possa compiere una scelta libera ed autonoma è ancora troppo lontana ed il divieto quindi dev’essere esteso al di la di ogni pretesa di realizzazione del diritto all’identità culturale o all’esercizio di alcune pratiche derivanti dalla cultura d’appartenenza.
Nei prossimi dieci anni, si stima che altri 30 milioni di bambine rischieranno di essere vittime di una qualche forma di mutilazione genitale femminile.
La Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili vuole essere un momento per ribadire la tolleranza zero nei confronti di queste pratiche ed una presa di coscienza da parte di governi e di ognuno di noi della necessità di raddoppiare gli sforzi e cercare di porre fine a questa orribile pratica nel più breve tempo possibile, perché da questo dipenderà la salute ed il futuro di milioni di bambine in tutto il mondo.
Articolo inviato da Francesca Savoldini
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